«Siete tutti pronti?»
Sammy osservò il gruppo di persone riunite nella sua libreria. Era mercoledì, il che significava che dopo l’orario di chiusura si sarebbe tenuto l’incontro del club del libro. Il loro piccolo gruppo si riuniva almeno due volte al mese per discutere di libri e di argomenti interessanti legati alla letteratura, e Sammy adorava quei momenti. Il club si era formato circa sei mesi dopo l’apertura del suo negozio, Sammy’s Book Corner, e i partecipanti erano diventati una sorta di famiglia, per lui, famiglia di cui aveva disperatamente bisogno, dopo la morte dei genitori, avvenuta cinque anni prima. Si guardò intorno per assicurarsi che tutti avessero la loro scorta di biscotti, questa volta preparati da Mavis e Maribell, le due streghe, insieme alla loro bevanda preferita.
Il delizioso profumo dei biscotti appena sfornati si mescolava all’aroma di due caffè macchiati alla nocciola, al sentore più deciso di due tè Chai, con una generosa dose di cannella, e alla sua cioccolata calda, prima di fondersi con il familiare odore di libri, vecchi e nuovi. Ancora una volta, si congratulò con sé stesso per aver acquistato quella macchinetta del caffè di alta gamma e per aver allestito la piccola area relax di fronte al suo bancone. I membri del club del libro erano seduti sui quattro vecchi divani intorno a due tavolini bassi, cercando di mettersi comodi.
Sammy andava particolarmente fiero di quell’allestimento, dato che aveva trovato tutti i mobili ai mercatini delle pulci e aveva dato nuova vita a ciascuno di essi. Il divano in pelle color whisky non aveva richiesto molto lavoro. Era bastato pulirlo a fondo e trattarlo con un balsamo speciale per farlo tornare a splendere. Ora aveva un leggero profumo di cera d’api, un aroma che ogni volta che ci si sedeva gli faceva venire voglia di un tè alla menta con miele. Le due poltrone, invece, avevano richiesto uno sforzo maggiore. Le aveva imbottite e aveva scelto per entrambe un nuovo tessuto. I clienti potevano sedersi su un vero e proprio arcobaleno, mentre leggevano il loro ultimo acquisto. L’ultimo articolo era una poltrona reclinabile, la cui struttura era stata dipinta di rosa e cosparsa di brillantini dorati, tanto per aggiungere un tocco in più. Una copertina turchese completava il tutto, facendola risaltare. Uno dei tavolini era ricoperto di pois di varie dimensioni e colori, mentre sull’altro c’erano degli adesivi da parete di Drogon e Smaug che si guardavano, su uno sfondo nero.
Sammy era il primo ad ammettere che il suo talento artistico fosse più vicino a quello di un bambino di sei anni che non alle opere di chi aveva un vero dono, ma era comunque soddisfatto di come aveva sistemato i mobili e arredato il suo negozio. Forse il motivo era che amava così tanto quel suo piccolo rifugio in mezzo ai libri da riuscire a tirarne fuori il meglio. A parte il computer portatile nel suo ufficio e la macchinetta del caffè, nulla nel negozio era nuovo. La maggior parte delle cose proveniva da mercatini dell’usato e vendite di oggetti di seconda mano, creando un interessante e affascinante mix di stili. Sammy aveva dedicato molto tempo ad abbinare i libri all’arredamento. I volumi più antichi erano impilati dentro armadi aperti che corrispondevano alla loro età, o quasi. I libri fantasy e di fantascienza erano sistemati su scaffali dell’IKEA, che lui aveva verniciato d’argento. I romanzi rosa avevano trovato posto in vecchie casse di legno per il vino, disposte in gruppi da sei o dieci sparse qua e là per il negozio. I fumetti e i manga erano riposti in grandi scatole che aveva costruito con dei pannelli e poi dipinto in diverse tonalità di blu. Quella libreria era l’idea che Sammy aveva di casa, e, a quanto pareva, la sensazione arrivava anche ai clienti, perché la maggior parte di loro erano abituali e adoravano trascorrere il loro tempo lì.
Sammy osservò i suoi compagni del club del libro, che ormai considerava la sua famiglia adottiva, e rabbrividì al ricordo dell’ultimo incontro, quando Amber, la banshee, aveva insistito per occuparsi dei dolci. Aveva più di quattrocento anni, ma, come ogni altra banshee al mondo, le sue abilità in cucina erano paragonabili a quelle di un uomo cieco che cercava di orientarsi ai fornelli con entrambe le braccia legate dietro la schiena. Inesistenti. Secondo Emilia, la vampira del gruppo, la causa era da attribuire alla loro magia, che permetteva loro di individuare con esattezza il momento della morte di ogni persona. A quanto pareva, il fatto di poter guardare nel futuro senza alterare l’equilibrio del tempo e, allo stesso tempo, poter avvisare le persone della loro fine imminente non si conciliava affatto con l’arte culinaria. Il perché di preciso, Emilia non aveva saputo, o voluto, spiegarlo. Essendo l’unico umano in un gruppo di creature paranormali, Sammy si era abituato a non sapere tutto. C’erano troppe cose in ballo e lui aveva imparato presto, dopo essere entrato in quel mondo, che l’ignoranza era davvero una benedizione quando si trattava di paranormali. Avrebbe, però, preferito essere informato prima sull’anti-talento di Amber in cucina, invece di scoprirlo a sue spese dopo aver accettato la sua offerta di portare degli spuntini.
Per voto di gruppo, ad Amber era stato vietato di portare dolci alle riunioni, anche se Jon, lo zombie che viveva nella cantina sotto la libreria, aveva poi confessato a Sammy che le zollette dure come la pietra non erano poi così male, una volta che si riusciva a superare la crosta, una crosta nera e bruciata che poteva essere o meno zucchero. Sammy deglutì a fatica. Il solo ricordo del sapore gli fece rivoltare lo stomaco. E non era nemmeno riuscito ad arrivare al nocciolo della questione... Cercò di trovare una parola appropriata per quei micidiali pezzi di pasticceria balistica e alla fine si accontentò di ‘pasticcini’. Declan e Troy, i due licantropi alfa, così come Emilia, avevano denti più affilati e più forza nelle mascelle, eppure le loro facce, quando la crosta aveva ceduto, erano state inquietanti, per usare un eufemismo.
«Non vedo cosa ci sia di tanto diverso in questi», dichiarò Amber con un broncio, mentre reggeva un biscotto con gocce di cioccolato dalla forma perfetta. Il suo taglio di capelli da folletto, con i capelli verde neon, si abbinava bene agli enormi orecchini verde zaffiro, alla spessa catena d’oro con vari amuleti che le penzolavano dal collo, ai cinque braccialetti di cuoio con rune celtiche incise e ai circa dodici anelli che portava alle dita. Rispetto ai gioielli, il suo abbigliamento era semplice: jeans attillati neri, scarpe da ginnastica nere e una maglietta nera con un unicorno scintillante sopra, con la scritta Eat My Stardust, Suckers (mangiate la mia polvere di stelle, fessi).
«La differenza, mia cara Amber, è che questi biscotti possono essere mangiati senza costarti un dente. Mi dispiace molto dirtelo, ma la tua abilità nel cucinare è ciò che immagino avesse in mente Terry Pratchett quando ha creato il pane per i nani».
Declan mise in bocca uno dei biscotti, lo sgranocchiò con un’espressione di pura beatitudine sul suo viso ridicolmente bello e lo trangugiò. Lui e Troy, che quel giorno non era presente per motivi di lavoro, sembravano il sogno erotico di tutti. Erano alti e avevano volti spigolosi con mascelle cesellate e zigomi affilati, spalle larghe, fianchi sottili, gambe lunghe e muscolose e capelli così folti e sani che Sammy sapeva che le donne avrebbero ucciso per averli. A quanto pareva, il bell’aspetto faceva parte del corredo genetico dei mutaforma, ma Sammy trovava comunque quasi offensivo quanto Declan e Troy fossero perfetti. Come due facce di una medaglia, una scura e pericolosa, l’altra bionda e... beh, pericolosa, erano una tentazione costante per donne e uomini. Quando si erano uniti al club del libro per la prima volta, Sammy aveva fatto sogni inquietanti su rapporti a tre con loro e gli ci erano voluti quasi quattro mesi, prima di riuscire a metterli saldamente nella ‘zona amici’. Una volta che si erano sentiti abbastanza a loro agio da rilassarsi durante le riunioni, li aveva aiutati a vedere il loro vero io. Perché, per quanto il loro aspetto fosse perfetto, i due licantropi erano quasi fastidiosamente arroganti e troppo sicuri di sé, come era tipico degli alfa, o almeno così era stato detto a Sammy da Jon. La loro salvezza era un grande senso dell’umorismo e l’insolita scelta del loro libro preferito: ‘Orgoglio e pregiudizio’. Dopo la loro confessione, nessuno nella loro cerchia era riuscito più a prenderli troppo sul serio, perché come poteva una persona che amava il libro perfetto essere una persona cattiva? Era solo un atteggiamento, una facciata per spaventare i potenziali nemici, e il mondo del paranormale era pieno di persone così.
«Pane dei nani?» Amber sollevò una delle sue sopracciglia meticolosamente curate, con una punta di acciaio nella voce.
«Non prendertela a male, cara. Se vuoi, puoi venire da noi e magari ti insegniamo come farli bene».
Maribell sorrise ad Amber e le diede una pacca sulla mano. La strega aveva l’aspetto di una signora anziana e gentile, con il suo vestito a fiori, la borsetta quadrata e lo chignon perfettamente acconciato dietro la testa. I suoi folti capelli neri erano striati da ciocche grigie e intorno ai suoi occhi a mandorla, eredità del padre asiatico, le rughe da risate addolcivano i suoi lineamenti. Sammy, però, lo sapeva bene come lei fosse. Maribell gli ricordava la sua maestra di prima elementare, la signora Smithson, che era in grado di zittire gli alunni indisciplinati con uno sguardo severo. Coloro che avevano suscitato il suo disappunto avevano imparato rapidamente che non c’era niente di peggio dell’ira di un’insegnante provocata... tranne l’ira delle streghe. E con Mavis e Maribell, la prima lezione fu anche l’ultima.
Amber fece il broncio, per nulla rassicurata dall’offerta di Maribell. «Ho seguito esattamente la ricetta!»
«Certo che l’hai fatto, cara. Sei una banshee, non una stupida». Mavis, che era seduta proprio accanto a Maribell, con l’aspetto di una nonna affettuosa, sorrise calorosamente ad Amber. «Ma cucinare non significa seguire le ricette. Ci vuole una certa passione, che a molti manca. Stare in cucina è una vocazione, non un lavoro».
«Allora lascia perdere le lezioni. Odio stare in cucina». Amber scrollò le spalle e, così, la discussione si concluse.
Sammy si schiarì la gola. Per quanto gli piacesse ascoltare le battute tra i suoi amici, dovevano affrontare un argomento serio. Di solito non gli piaceva stare sotto i riflettori, ma le cose di cui parlavano erano importanti e meritavano tutta la sua dedizione. Per tutta la vita era stato un nerd, più felice quando poteva immergersi in mondi lontani dalla dura realtà, un’abilità che non era stata molto apprezzata dai suoi compagni di classe. La chiusura in sé stesso lo aveva salvato da molti problemi, in passato, e questa era un’abitudine difficile da scrollarsi di dosso. Si guardò intorno e vide solo persone che la pensavano come lui e che comprendevano la gravità della situazione.
«Parliamo del concetto di eroe eterno così come viene rappresentato nelle Cronache di Corum di Michael Moorcock. Prima di immergerci subito nella storia, penso che dobbiamo discutere del concetto di eroe, perché quando ho iniziato a pensare al libro mi sono reso conto di quanto sembri semplice in superficie e di quanto sia complicato, quando lo si guarda più da vicino. Chi vuole iniziare?»
Sammy si guardò intorno e vide Jon alzare la mano. Lo zombie era notoriamente timido, anche più di Sammy, e tutti si impegnavano a farlo parlare il più possibile durante le riunioni. Sammy aveva il sospetto che questo fosse l’unico momento in cui Jon aveva un contatto sociale. Viveva letteralmente dietro il suo PC.
«Sì, Jon?»
Lo zombie iniziò a impastare le mani in grembo, segno che aveva molti pensieri confusi in testa e stava cercando di metterli in ordine. Dopo più di quattro anni di incontri regolari, Sammy sapeva come leggere i suoi amici.
«Gli eroi sono sempre un po’ arcaici, credo, almeno quelli che vengono riconosciuti con successo dal pubblico. Voglio dire, prendiamo Skyrim, il gioco per computer. Il Dragonborn è un uomo enorme, muscoloso, con una spada e il volto oscurato da un elmo con due corna gigantesche. È come se la persona in sé non contasse, ma che importi solo ciò che rappresenta».
Sammy annuì incoraggiato. Era una buona prospettiva.
«Sono d’accordo con Jon». La voce melodiosa di Emilia era come una carezza per le orecchie. Probabilmente Sammy si sarebbe divertito molto di più ad ascoltarla, se non avesse saputo che il fatto di attirare le prede faceva parte del suo patrimonio genetico di vampira. Avrebbe potuto leggere l’elenco telefonico e sarebbe sembrata la storia più interessante del mondo.
«Non tutti gli eroi sono oscurati, ma le caratteristiche arcaiche di base sono sempre presenti. Per esempio, Aragorn, del Signore degli Anelli... Ha un aspetto sofisticato, ma quando si tratta di combattere, mostra il suo lato ferino, che a me piace». Esitò. «Perché troviamo attraente la forza bruta?»
Xenia Melzer was born and raised in a small village in the South of Bavaria. As one of nature's true chocoholics, she's always in search of the perfect chocolate experience. So far, she's had about a dozen truly remarkable ones. Despite having been in close proximity to the mountains all her life, she has never understood why so many people think snow sports are fun. There are neither chocolate nor horses involved and it's cold by definition, so where's the sense? She does not like beer either and has never been to the Oktoberfest – no quality chocolate there.
Even though her mind is preoccupied with various stories most of the time, Xenia has managed to get through school and university with surprisingly good grades. Right after school she met her one true love who showed her that reality is capable of producing some truly amazing love stories itself.
While she was having her two children, she started writing down the most persistent stories in her head as a way of relieving mommy-related stress symptoms. As it turned out, the stress-relief has now become a source of the same, albeit a positive one.
When she's not writing, she translates the stories of other authors into German, enjoys riding and running, spending time with her kids, and dancing with her husband. If you want to contact her, please visit either her website, or write her an email.